La Leadership si basa sull’ispirazione, non sulla capacità di dominare gli altri; sulla collaborazione, non sull’intimidazione. (William Arthur Ward).
Secondo il modello situazionale, elaborato da Hersey e Blanchard nel 1968, non esiste uno stile di leadership migliore in assoluto, bensì esiste uno stile di conduzione diverso a seconda della maturità dei collaboratori. La maturità può essere intesa in due sensi:
- La maturità lavorativa, ovvero le capacità tecniche, le conoscenze, l’esperienza acquisita nello svolgere determinati compiti;
- La maturità psicologica, ovvero la disponibilità, la motivazione a fare qualcosa, la fiducia in se stessi.
Lo stile di leadership deve, quindi, adattarsi alla maturità dei collaboratori. Al variare di quest’ultima deve variare il comportamento direttivo e quello di relazione del leader. Si possono pertanto avere quattro stili di leadership diversi:
- DIRIGERE (prescrivere). Il capo interviene solo sul compito, fornisce regole, standard, procedure. Insegna, facendo prevalere gli Obiettivi rispetto alla Relazione. Se i collaboratori presentano una scarsa maturità, non hanno adeguate competenze, né sono pronti ad assumersi delle responsabilità, è necessario che il leader adotti uno stile basato su un alto orientamento direttivo e un basso orientamento di relazione. Il leader definisce i ruoli dei collaboratori, stabilisce quali attività devono essere svolte, in che modo, in quali tempi. Le decisioni sono prese dal leader e sono poi annunciate, in modo che la comunicazione sia in gran parte unidirezionale. Persone che mancano della competenza adeguata ma sono entusiaste e impegnate, hanno bisogno di direzione e controllo per iniziare.
- ADDESTRARE (coinvolgere). Il capo interviene sia sul compito che sul rapporto interpersonale. Se i collaboratori presentano una maturità medio-bassa con scarse competenze, ma una disponibilità ad assumersi delle responsabilità e fiducia in se stessi, lo stile di leadership più adatto è quello dato da un alto orientamento direttivo e un alto orientamento di relazione. Il leader definisce ancora i ruoli, le attività da svolgere, i modi e i tempi, ma sostiene i suoi collaboratori cercando di far accettare le scelte adottate, cerca idee e suggerimenti dai collaboratori, i quali hanno ancora bisogno di supporto ed elogi per accrescere la loro autostima. Esistono i presupposti che favoriscono l’avvio di un buon rapporto fra capo e collaboratori. Tuttavia, le decisioni rimangono una prerogativa del Capo/Leader, ma la comunicazione è molto più bidirezionale.
- SOSTENERE (supporto psicologico, coaching). Il capo interviene solo sulla relazione e si impegna con i collaboratori per infondere loro fiducia e favorire la loro autonomia. Se i collaboratori hanno una maturità medio-alta per cui sono capaci, ma non dispongono di una adeguata fiducia in se stessi, il leader deve scegliere uno stile fondato su un basso orientamento direttivo, (ai compiti) e un alto orientamento di relazione, in modo da spronarli a utilizzare le proprie capacità. Il leader passa ai collaboratori le decisioni quotidiane, quali la ripartizione delle operazioni e dei processi, facilita e partecipa alle decisioni, ma il controllo è dei collaboratori. Stile per persone che hanno competenza, ma mancano di sicurezza e motivazione. Essi non hanno bisogno di molta direzione grazie alle loro abilità, ma un supporto è comunque opportuno al fine di sostenere la loro sicurezza personale e la loro motivazione.
- Il capo non interviene né sul compito né sulla relazione. Garantisce e rispetta l’autonomia dei collaboratori pur rimanendo disponibile, in caso di richieste, in quanto i risultati sono raggiunti in modo soddisfacente. Se i collaboratori hanno un alto grado di maturità, dispongono delle competenze tecniche, sono disponibili e sicuri di sé, il leader può adottare un comportamento basato su un basso comportamento direttivo e un basso comportamento di relazione, limitandosi a definire gli obiettivi e lasciando decidere ai collaboratori come realizzarli. Il leader è coinvolto nelle decisioni e nella risoluzione dei problemi, ma il controllo è nelle mani dei collaboratori, i quali decidono quando e come fare ricorso al leader. Le persone che hanno sia competenze notevoli che un forte senso di maturità e impegno sono in grado di lavorare su un progetto da sole, con poco controllo e poco supporto.
Come applicare i diversi stili
L’appropriatezza dello stile non può tener conto solo della maturità professionale del collaboratore in base alla prestazione, ma deve tenere conto delle emozioni guardando “dentro” la prestazione. Per questo deve essere uno stile che si fonda sull’empatia. Non basta dire le cose giuste al momento giusto, la differenza la fa il come le dico (più del cosa dico).
Ognuno di noi ha un suo stile comportamentale e predilige adottarlo in ogni situazione. I più flessibili adottano due o tre stili di Leadership diversi. Ma anche se si sapessero adottare tutti e quattro gli stili suggeriti dalla Leadership situazionale, se non ci si ponesse a fianco dei collaboratori, se non si camminasse insieme a loro verso l’obiettivo stando loro a fianco, gli stili verrebbero fraintesi. Per applicare correttamente lo stile giusto al momento giusto occorre tanto esercizio, capacità di diagnosi e dialogo costante, ricordandosi che si comunica molto di più con il linguaggio del corpo e con il tono della voce che con le parole. Un elogio con il tono sbagliato potrebbe arrivare come un rimprovero. Sintonizzarsi con i collaboratori è una responsabilità del leader che si basa su rispetto e fiducia reciproca.
Non esiste uno stile giusto o sbagliato, esiste uno stile appropriato o meno a una data situazione. Per questo non è corretto applicare uno stile unico sulla base della confidenza che si ha con quello stile. Le emozioni fuori controllo inducono il leader ad applicare stili reattivi che rispondono al suo vissuto emotivo e non alle necessità dei collaboratori.Se si è stabilito un rapporto di fiducia, il leader può modulare il suo stile in base all’effetto che ottiene e questo, se condotto sulla base del rapporto, avviene in piena armonia con le reazioni dei collaboratori coinvolti.
Un buon capo deve quindi saper essere flessibile nel proprio comportamento, proprio per raggiungere i risultati di lavoro che rappresentano l’obiettivo essenziale e sostanziale.
Self-Leadership
Un vero leader ha a cuore lo sviluppo dei suoi collaboratori sino al punto da trasformarli in “self leader”. Il “self leader” è una persona capace di assumere l’iniziativa, gestire problemi, trovare soluzioni, auto motivarsi, curare la propria formazione, essere intraprendente, ma senza mai andare oltre la delega concordata. Quando accade questo, il leader può esercitare una Leadership condivisa e mettersi al servizio dei collaboratori, trasformando il suo potere in “coinvolgimento”.
Un leader che guida stando a fianco non è un capo che ha abdicato, è un capo che fa crescere i suoi collaboratori, che ha ceduto parte del suo potere per creare responsabilizzazione e i collaboratori, da parte loro, accettano di assumere l’iniziativa e di gestire se stessi in modo autonomo. Per certi versi, “aspettare ordini” è meno gratificante, ma più comodo. È deresponsabilizzante e se le cose non vanno si può dire “ho fatto quello che mi hai detto di fare”. Certamente non si cambia una struttura aziendale da un giorno all’altro e i dipendenti, per diventare dei self leader, debbono condividere la visione e i valori del leader.
“Prima il vostro ruolo riguardava voi e solo voi. Adesso riguarda gli altri.”