Ruggero è un manager di 40 anni con forti competenze relative all’ambito commerciale, supply chain, operational excellence, motivazione e benessere dei collaboratori. Entrato in Benteler Distribuzione nel Maggio 2018 come Direttore Commerciale, nell’ottobre dello stesso anno prende le redini dell’azienda come Amministratore Delegato. In questi anni ha avuto il compito di guidare l’azienda, che è fra i leader italiani nella distribuzione di tubi in acciaio, in un difficile momento di cambiamento, andando a mettere in atto una serie di attività ritenute strategiche per ridarle slancio. Inoltre, nel 2020 ha traghettato la società nella delicata transizione verso la nuova proprietà del gruppo olandese Van Leeuwen, resa ancor più complessa dalla situazione imposta dalla pandemia di Covid-19.
Ciao Ruggero, grazie per il tempo che ci stai dedicando. Inizierei chiedendoti quali principali cambiamenti sono stati apportati con il tuo avvento?
Innanzitutto, è fortemente cambiata la struttura organizzativa e le persone. Alcune sostituzioni sono avvenute in modo “naturale”, subentri a persone che hanno deciso di perseguire altre strade; in altri casi siamo andati alla ricerca, dentro e fuori dall’azienda, di profili con la giusta esperienza, flessibilità e capacità di leadership. Per fare un esempio concreto: oggi ho 5 riporti diretti, 3 di questi sono figure nuove, attratte dall’esterno o promosse in ruoli differenti dal passato.
Che metro di giudizio hai utilizzato per scegliere le persone che guidano le funzioni chiave dell’azienda?
Sono convinto che si debbano avere Figure Chiave nei Ruoli Chiave!, e per trovarle ci sono 3 elementi chiave da valutare. Innanzitutto servono Persone dualiste, dotate di un buon pensiero prospettico, in grado di avere sia una visione d’insieme, che una forte capacità di analisi, e che pertanto siano capaci di prendere delle decisioni sulla base di dati precisi. In secondo luogo, servono persone coraggiose, che abbiano voglia di sfidare sé stesse e sentano il desiderio di rimettersi sempre in gioco. Infine, devono essere persone Flessibili nella loro professionalità, capaci di svolgere il proprio lavoro con scrupolosità e adeguata preparazione, ma che si adattino facilmente al cambiamento e siano in grado di vedere l’ingranaggio successivo nella catena del valore, sia fuori che dentro l’azienda. Un esempio su tutti è Gabriele Salvador, attuale Product & Purchasing Manager. Gabriele è arrivato da noi dopo esperienze in Nestlè e Rana, è passato quindi dall’industria alimentare all’industria dell’acciaio, ed è riuscito ad apportare importanti e significative innovazioni nella nostra Supply Chain in un tempo sorprendentemente breve e con limitate competenze specifiche.
Decisamente un differente punto di vista! Per rimanere in tema, osservandovi oggi, da questa nuova prospettiva, si percepisce una forte carica di energia, la si avverte parlando con ogni singolo componente dell’organizzazione. Cosa è cambiato nel People Management?
C’è molto più coinvolgimento dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Mi immagino un filato che unisce l’azienda con una “trama” sia verticale che orizzontale. Tradotto nella pratica: quello che fa l’operativo è esattamente quello che il manager desidera, perché sono stati condivisi gli obiettivi. Se emergono intoppi, per contro, c’è un feedback solido da parte dell’operativo. Questo consente di muoversi più velocemente e all’unisono, generando grande motivazione: un bell’ “effetto collaterale”! Chiaramente non siamo perfetti, neanche lontanamente. Ci sono ancora processi poco fluidi che rendono l’efficienza non ottimale, soprattutto in ambito operations, dove peraltro ci apprestiamo a fare cambiamenti significativi. Però sul cuore “transazionale” dell’azienda – amministrazione, finanza, acquisti, vendite – siamo riusciti, a mio avviso, ad ottenere un movimento sincronizzato, grazie a persone che hanno sposato il progetto in maniera convinta.
Motivazione e comunicazione diffusa, siete il concretizzarsi di quello che Simplify definisce “The Feedback Company”, trovi? Ma come si ottiene questo coinvolgimento?
È un bel complimento, ti ringrazio, ma direi semplicemente che stiamo andando nella direzione giusta. Mi chiedi come abbiamo ottenuto il coinvolgimento? Il primo passo è riconoscere che ogni persona, anche a seconda del ruolo che ricopre in azienda e della fase che sta attraversando nella sua vita privata, avrà un grado di coinvolgimento diverso. Accettarlo significa ristrutturare le tue aspettative (non deprimerti se non ti seguono), ma serve anche a far capire che, dall’alto, il grado di contribuzione non è dato per scontato: è analizzato, quindi compreso e apprezzato, in modo empatico. È anche utilizzato come fattore decisivo nella definizione dei ruoli e delle responsabilità e di altri elementi come la remunerazione, la formazione, la crescita professionale. Per come la vedo io, questa è l’essenza del mettere le persone al centro del progetto aziendale. Su questa base, c’è un altro ingrediente fondamentale che non può mancare per ottenere coinvolgimento: l’informazione. Si può chiedere ad una comunità organizzativa di appassionarsi senza mai dire a cosa ci si deve appassionare? Certamente no. Quindi devi spiegare quello che l’azienda sta facendo e perché. In Van Leeuwen, ad esempio, abbiamo introdotto dei Townhall Meeting in cui coinvolgiamo tutti (dal magazziniere all’amministratore delegato) e dove si spiegano i risultati, dove si introducono i progetti più significativi e ci si confronta su quali sono le novità del momento. Ultimo elemento che può essere molto potente in ottica di coinvolgimento, anche se spesso trascurato nelle piccole e medie imprese italiane, è la creazione di una mission chiara e condivisa. Lo scorso anno, approfittando anche di una situazione di mercato depressa, abbiamo fatto un lavoro profondo, una riflessione sulla nostra strategia, su chi siamo e dove vogliamo andare, dove stiamo sul mercato oggi e dove abbiamo le potenzialità di arrivare. All’inizio di questo percorso, abbiamo cercato di definire la nostra mission cercando di coinvolgere tutta la struttura nella sua definizione.
Mettere le persone al centro significa anche formarle per farle crescere professionalmente e voi nel 2020 avete fato un grande lavoro di formazione, tu in primis sei un manager che vede la formazione come un investimento aziendale. Quali sono stati i temi che hanno avuto maggiore impatto in termini di efficacia anche nel raggiungimento dei risultati sopra esposti?
Non hai mai l’abaco dove contarle queste cose! Però credo che sia stato importante avere investito in leadership, soft skills e in generale nella capacità di stare insieme in un ambiente di lavoro, comprendendo che le identità lavorative delle persone possono (anzi devono) essere contaminate anche dalla loro “identità privata”. Sono certo, e ne ho avuto evidenza positiva, che la consapevolezza di sé stessi e la comprensione degli altri siano state le basi utili a rafforzare la capacità di cui parlavamo prima, ovvero quella di movimento congiunto dell’azienda. Se dovessi elencare delle competenze/capacità acquisite e che sfrutteremo in questo processo, direi: cultura del feedback, cultura della condivisione, cultura dell’accettazione delle diversità dell’altro, ascolto e azione pensata anziché reazione!
Nel mese di maggio partiremo con un progetto legato alla complessità che accompagnerà manager e dirigenti in un viaggio dalla scienza al management. Tu sei un buon esempio di Manager della complessità e quindi ti chiedo: quali devono essere le caratteristiche di base di un Manager oggi, per operare in un contesto complesso?
Il Manager della complessità deve innanzitutto possedere intelligenza emotiva, capire come l’altro vive il suo ruolo in azienda, quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze e, sulla base di quello, capire dove mettere le persone nell’organigramma. Deve inoltre essere accessibile, veramente tanto presente e disponibile, avere la capacità di ascoltare e di far coabitare l’Elicopter View – che presiede e guarda al futuro – con la necessità di prelevare regolarmente dei “campioni di vita aziendale”, da utilizzare per testare l’organizzazione e lo stato “non filtrato” della progettualità. In ultimo, deve dotarsi di una sorta di metaldetector per intercettare i punti in cui l’armonia di processi e persone si spezza, comprenderne il motivo e favorire, dove possibile, un ricongiungimento.
Sembra la tecnica giapponese del kintsugi, dove con l’oro si ripara la ceramica, una Leadership che accudisce…
Wow, molto affascinante come immagine, andrò a leggermi qualcosa. Guarda, io rifletto spesso sul mio stile di leadership, forse anche perché mia moglie si occupa di comportamento per professione. Cerco di confrontarmi con quello che ho vissuto nelle mie esperienze lavorative precedenti. Credo sia umano mettersi in discussione anche da questo punto di vista. Se penso ad esempio agli stili più carismatici di leadership, lontani dal mio agire democratico, riconosco che possono anche esercitare un certo fascino sulle persone. Qui mi chiedo “stai garantendo il massimo per la tua organizzazione?”, “se avessi il pugno di ferro potresti ottenere di più”? Io di base non credo che sia così! Credo innanzitutto a quello che abbiamo detto prima, che i team vadano motivati, formati, correttamente remunerati. Però ci vuole un “raccordo” fra persone e performance, che ha a che fare con la responsabilità (accountability, detta all’anglosassone). Sono tanti i modi con cui raccordare persone e performance. La norma ISO 9001 lo chiama metodo PDCA (plan-do-check-act), la cultura Lean la chiama, fra gli altri, DMAIC (design-measure-analyze-improve-control), ma in sostanza il concetto è simile. In azienda abbiamo fatto un importante lavoro sui processi che tutela questa struttura ed i risultati sono molto buoni.
Plan-Do- Check-Act per fornire al leader democratico le fondamenta dell’efficienza senza perdersi nel “volèmose bene”!
Rimanendo in tema di complessità, l’ultimo anno ha messo tutti a prova, cosa abbiamo imparato da questa emergenza Covid? C’è un lato positivo e se c’è qual è?
Ci sono due aspetti positivi che vanno evidenziati, uno “macro”, per l’Italia come paese. A volte sembra che il nostro paese necessiti di “prendere il treno in faccia” prima di capire che bisogna veramente cominciare a correre. Beh, la pandemia è stata una botta del genere e, non a caso, appena abbiamo avuto le possibilità di rialzarci e di rimetterci in piedi, abbiamo anche sovra performato! Il periodo tra luglio e settembre del 2020 è stato stupefacente, il PIL italiano ha battuto qualsiasi previsione di crescita. É un peccato che sia così, ma speriamo che la lezione sia duratura. Con un approccio più lungimirante e strutturato, anche a livello di governance delle aziende, non solo di governo del paese, potremmo essere un Paese guida a livello mondiale! Un secondo aspetto micro, quindi a livello aziendale e personale, è che abbiamo avuto molto “tempo lento”, durante il quale fermarci e riflettere su noi stessi, sul piano personale, ma anche su quello professionale. Non dimenticherò mai la quantità di ore passate di venerdì pomeriggio in videoconferenza con i responsabili delle funzioni. Ci siamo scervellati per comprendere cosa fare per andare nella giusta direzione, come stare a galla e cogliere l’occasione per migliorarci. É lì che è nata la nostra nuova strategia aziendale. Forse in un anno normale quel tempo non ce lo saremmo preso. Forse non avremmo sentito l’esigenza di dedicarci a quei temi con quel senso di “urgenza” se non avessimo avuto una pandemia sulla porta di casa. Quello che è certo, è che in tempi normali i colleghi il venerdì pomeriggio dopo un po’ mi avrebbero odiato.
Abbiamo disquisito in merito al fatto che lo smart working sia stato non solo una valvola di sfogo, dando l’opportunità di restare sicuri a casa, ma anche una modalità alienante, soprattutto per coloro che vivono soli, lontani dalla famiglia, e in quel periodo anche lontani dai colleghi. Quali leve avete utilizzato per mantenere uniti i team?
Oltre alle svariate routine che abbiamo sempre avuto, alle formazioni e ai Townhall Meetings, abbiamo cercato di creare degli episodi di condivisione informali. Non sono sicuro che siano stati abbastanza, ma ce ne sono stati due che vale la pena ricordare. Il primo, ad aprile 2020, il classico aperitivo, dove abbiamo potuto apprezzare i colleghi in “vesti atipiche” e in atmosfere più goliardiche, un momento di reunion. Il secondo in dicembre, in occasione del Natale, dove oltre a farci gli auguri e una foto tutti in rosso con il cappello di babbo natale, abbiamo anche celebrato i giubilei aziendali (per la prima volta nella nostra filiale italiana!). Niente di pirotecnico, semplicemente una targa e un lungo applauso alle persone che hanno fatto la storia di questa azienda. Cito due pilastri: Osvaldo Pontin, da oltre 25 anni in azienda, e Franca Culò, da 20 anni in azienda. Sempre in questa occasione, abbiamo premiato i vincitori di un premio. Avevamo un problema di eccesso di materiale svalutato in magazzino dal quale è nato un Contest Interno, con un premio in buoni per i primi 3 classificati. Il risultato? Oltre ad una forte motivazione di tutti, un po’ di divertimento, e soprattutto il dimezzamento in valore economico delle svalutazioni; non male direi!
Siamo quasi giunti alla fine dell’intervista, non posso non farti una domanda inerente la nostra area di competenza e pertanto ti chiedo quali sono i temi formativi a cui pensate per il 2021?
Puntiamo alle competenze nella Digital Transformation, crediamo che sia importante investire in questa direzione. Non è un investimento a brevissimo termine per la verità. Per settori come il nostro, quindi nella old economy, è di fondamentale importanza trovare un modo sostenibile e profittevole di far convivere canali fisici (persone, magazzino, venditori), canali digitali (webshop) e presenza sui social. In tanti ci hanno già provato nell’acciaio, con risultati finora non entusiasmanti. Oggi abbiamo il dovere di percorrere questa lunga strada e dobbiamo sforzarci di innovare. Per farlo, dobbiamo avere sempre un occhio sul mercato e uno sulla formazione accademica, per vedere se possiamo trarre spunti interessanti da esperienza diverse dalla nostra.
Altro aspetto su cui mi piacerebbe lavorare è l’Energia in azienda, detto con le parole del buon Luciano Attolico: come gestire l’energia personale per dare il massimo sia nella vita privata che nella vita professionale. Quindi lavorare sullo sviluppo delle persone più che sullo sviluppo delle relazioni tra le persone, che è quello che abbiamo fatto nel 2020. Il resto emergerà dai dialoghi che i responsabili delle funzioni faranno con i loro collaboratori.
Grazie Ruggero per la condivisione di così tante informazioni che io so potranno fungere da spunto e suggerimento per altri manager. Prima di lasciarci ti chiedo una cortesia: so che, per suggellare la condivisione da parte di tutti i dipendenti, Vanleeuwen ha ancorato la propria mission su di una borraccia che ha “donato” a Natale con in firma le iniziali di ciascuno, ti va di riportarci cosa c’è scritto?
Certo! “Il nostro obiettivo è fornire soluzioni ai nostri clienti, garantire l’operatività e favorirne lo sviluppo: con esperienza, coinvolgimento e ascolto reciproco. Per farlo, investiamo nella cultura del miglioramento continuo e accresciamo costantemente le nostre competenze, in un ambiente di lavoro sicuro, stimolante e sostenibile”.