Facendo seguito agli approfondimenti già svolti negli scorsi mesi sul tema, mi pare doveroso segnalare l’evoluzione delle riflessioni svolte, in particolare da Confindustria, in merito alle ripercussioni potenziali che l’emergenza sanitaria portata dal Covid -19 avrebbe potuto avere, o meno, sotto il profilo della responsabilità 231 per gli Enti.
Dopo ampio dibattito si è oggi portati ad escludere che per le imprese – ove correttamente mappati i rischi diretti ed indiretti derivanti dalla normativa in commento – si renda necessario un adeguamento del MOGC in uso solo ed esclusivamente per il fatto che è oggi comparsa questa nuova epidemia.
Tuttavia, come anticipato, tale onere potrà essere ovviato solo laddove gli Enti abbiano in precedenza valutato i seguenti rischi:
- I fenomeni corruttivi ipoteticamente derivanti dai contatti con la P.A.;
- Ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio;
- Gli illeciti contro l’industria ed il commercio;
- Le modalità di gestione dei rapporti di lavoro, anche con riferimento a quelli instaurati con persone extra-comunitarie;
- I reati di criminalità organizzata;
- Le violazioni del diritto d’autore e i reati informatici;
- I reati ambientali;
- I reati in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Quelle sopra declinate, infatti, possono ritenersi ad oggi le principali macro-categorie di illeciti rilevanti ai sensi del D.lgs.231/2001 e di astratta configurabilità a causa degli enormi disagi portati dall’emergenza sanitaria ancora oggi in atto.
Scrive sul punto Confindustria “[…] le imprese dotate di un Modello 231 dovrebbero essere già in possesso dei presidi necessari a far fronte ai rischi indiretti per i quali l’emergenza sanitaria, come visto, può rappresentare un’ulteriore occasione di commissione. Al riguardo, può essere valutata, caso per caso, l’opportunità di rafforzare le procedure, adeguandone l’applicazione, ove necessario, per allinearle ai diversi contesti organizzativi determinatisi in occasione del COVID-19. In questo contesto, ciò che l’emergenza determina invece in capo alle imprese è la necessità che i vertici aziendali e l’Organismo di Vigilanza assicurino e verifichino, nell’esercizio delle rispettive prerogative, l’effettiva implementazione dei presidi e dei protocolli previsti nel Modello”.
Certo è che, comunque, le aziende negli ultimi mesi sono state chiamate ad implementare numerosi protocolli e procedure volte a regolamentare aspetti non sempre normati: accesso all’azienda, uso degli spazi comuni, gestione degli incontri…e non si può ad oggi escludere che ulteriore impegno nel gestire il rischio di contagio sotto il profilo della sicurezza ex T.U. 81/2008 sia richiesto nei prossimi mesi ancora una volta ai datori di lavoro.
Questi ultimi, del resto, devono come sempre operare nel rispetto dell’art. 2087 c.c. ove è prescritto che “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Interessante in tema di responsabilità datoriale e COVID -19 è anche un recente intervento dell’INAIL, che afferma “Non possono confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in “occasione di lavoro” che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative. In questi casi, infatti, oltre alla già citata rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro. […] Pertanto, la responsabilità del datore di lavoro è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto-legge 16 maggio 2020, n.33.”
Ci si deve quindi chiedere quando il datore di lavoro possa essere esente da possibile responsabilità 231 per infortunio da contagio Covid-19.
Ebbene, oggi, non sarà sufficiente fare appello alle procedure e ai protocolli ordinari di regola adottati dall’azienda per contrastare il rischio di infortunio sul lavoro ma, si dovrà essere in grado di provare di aver concretamente messo in atto misure idonee a prevenire il rischio epidemiologico, così come conosciuto sulla scorta delle conoscenze tecniche emerse negli ultimi mesi con riguardo alla patologia in oggetto nonché bisognerà dimostrare di aver correttamente fatto proprie le misure di cui ai protocolli e alle linee guida regionali e governative.
Onde poter dare evidenza del buon operato sarà, dunque, ancora più nevralgico istituire corretti e frequenti flussi informativi con l’Organismo di Vigilanza in carica, così come – se non precedentemente usati – sarà opportuno istaurare un sistema di reporting interno scritto fra le varie funzioni aziendali.