Intelligenza emotiva, empatia: sono due parole di cui si sente parlare in contesti eterogenei e di cui ormai si riconosce il forte impatto nello sviluppo del business delle aziende. Vediamo il perché.
Partiamo dalla differenza fra l’intelligenza, quel costrutto che viene valutato attraverso i testi che misurano appunto il QI, Quoziente d’Intelligenza e una nuova dimensione quella dell’Intelligenza emotiva. Va sottolineato che per quanto riguarda l’Intelligenza, quando viene testata c’è la consapevolezza che alcuni aspetti possono essere influenzati ad esempio dal grado di cultura – si parla in questo caso di Intelligenza cristallizzata – ed una seconda area più legata al ragionamento e alla capacità di pensare logicamente – l’Intelligenza fluida – che non varia nel tempo come può accadere per la cristallizzata ma invece è soggetta come tutte le facoltà intellettive, ad un leggero decadimento con l’invecchiamento.
L’ Intelligenza Emotiva è stata nominata per la prima volta da un docente e un ricercatore della Yale University, rispettivamente Salovey e Mayer. Goleman riprende poi il concetto e lo declina in diversi ambiti incluso quello del business.
Goleman definisce l’Intelligenza emotiva come quella:
“capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione; di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare; e, ancora, la capacità di essere empatici e di sperare.”.
Questa è una capacità che, a differenza dell’intelligenza misurata dal QI è piuttosto stabile e si può sviluppare e potenziare.
Avere un’Intelligenza emotiva permette di riconoscere e capire le emozioni e il loro impatto su comportamenti e attitudini, mantenendo una sintonizzazione con le proprie emozioni e con quelle delle persone che ci circondano.
Oggi la definizione di leadership racchiude anche caratteristiche legate all’Intelligenza emotiva; la necessità di questo cambiamento lo rivelano i risultati della ricerca di Goleman in cui si valutano le competenze puramente tecniche (come l’accounting e l’ingegnerizzazione dei processi), le abilità cognitive (come il ragionamento analitico) e le competenze che richiedono Intelligenza emotiva, come l’attitudine a lavorare insieme agli altri e l’efficacia nel guidare il cambiamento. L’esito della ricerca dimostra che l’Intelligenza emotiva è due volte più importante delle altre abilità considerate per tutte le mansioni ed a tutti i livelli.
L’Intelligenza emotiva racchiude diverse capacità che sono state raggruppate in cinque macroaree che possiamo sintetizzare così:
- L’Auto-consapevolezza che permette di riconoscere e capire i propri punti di forza e le aree di miglioramento, le emozioni, l’umore e gli effetti che possono avere sulle altre persone.
- L’Auto-regolamentazione per poter esprimere le proprie sensazioni in modo maturo e con compostezza, così non sono le emozioni e le pulsioni ad avere il controllo ma siamo noi ad avere il controllo su di loro.
- La Motivazione le persone con un’alta Intelligenza emotiva hanno una forte motivazione interna, perseguono i propri obiettivi per una gratificazione o una crescita personale più che per fattori esterni come i soldi, i titoli o la stima degli altri. La spinta al tipo di lavoro nasce da una passione sincera più che dalla ricerca della professione più retribuita.
- L’Empatia cioè riconoscere, capire e sentire le emozioni degli altri il cui corollario implica condividere le emozioni che sta vivendo un’altra persona; significa immedesimarsi.
- Le Abilità sociali sono quelle che ci permettono di costruire con facilità relazioni basate sulla stima e il rispetto. Questo tipo di relazioni dà luogo a legami profondi e genuini senza attivare aspetti di competizione.
Perché l’Intelligenza emotiva è importante nel business?
In uno studio che ha coinvolto 2.600 Manager che si occupano di ricerca del personale, il 71% di loro preferisce assumere persone con un alto livello di Intelligenza emotiva; il 59% asserisce che non assumerebbe un candidato con un alto quoziente d’intelligenza e con una bassa Intelligenza emotiva. L’Intelligenza emotiva diventa quindi un fattore chiave nella scelta delle nuove figure professionali.
Se proviamo ad analizzare perché l’Intelligenza emotiva è un fattore discriminante nella scelta di un candidato, così come nella selezione dei talenti o delle persone da promuovere, notiamo alcuni comportamenti di chi ha un’Intelligenza emotiva elevata:
- riesce a rimanere più facilmente calmo quando sono sotto pressione
- ascolta parecchio o più di quanto non parli
- la leadership si fonda sull’esempio
- prende le decisioni con ponderazione
- accetta le critiche e ammette i propri errori imparando dagli stessi
- è in grado di risolvere in modo efficace i conflitti.
Questi aspetti vengono quotidianamente sollecitati quando si deve gestire un team o collaborare con Manager e risorse di altri dipartimenti aziendali per creare nuove strategie o risolvere insieme problemi, per elaborare nuovi modelli operativi. È possibile farlo anche con stili che non coinvolgano la dimensione emotiva e personale, ma l’efficacia degli interventi è diversa.
È possibile aumentare la propria Intelligenza emotiva?
Se si è realmente motivati a farlo, sì è possibile!
Qui di seguito ci sono alcuni esempi un utile spunto di riflessione a partire dal quale si può provare ad esercitarsi.
- Non rispondere subito ma fare una piccola pausa prima di parlare: questo fa sì che gli impulsi e le risposte automatiche perdano forza e che si verifichino con più facilità riflessioni e ragionamenti non distorti.
- Ascoltare gli altri. L’ascolto ci permette di capire meglio i bisogni e le emozioni degli altri, distoglie l’attenzione dai propri bisogni e la sposta su quelli di tutti, consentendo soluzioni a beneficio di un maggior numero di persone.
- Dare feedback positivi e mostrare segni tangibili di incoraggiamento e apprezzamento. Osservare ed apprezzare chi ci circonda allena il cervello a concentrarsi sulle parti positive degli altri. L’elogio pone anche le basi per discussioni ponderate su questioni difficili, poiché riduce l’atteggiamento difensivo e incoraggia l’apertura a pensieri molto diversi dai propri.
- Osservare con attenzione il linguaggio del corpo. Gran parte della comunicazione non è verbale. Se si ascolta solo con le orecchie, si potrebbe perdere di vista ciò che una persona sente veramente e anche gli sforzi per aiutarla saranno così male indirizzati.
- Chiedere scusa ci incoraggia a capirci meglio l’un l’altro mentre si costruisce la fiducia e il rispetto.
- Cercare di ragionare dal punto di vista di un’altra persona soprattutto quando non si è d’accordo, provare a considerare i bisogni, le motivazioni e le emozioni che possono influenzare le priorità e le opinioni di un altro. Solo considerando anche la prospettiva dell’interlocutore è possibile arrivare a definire un terreno di lavoro comune.
- Comunicare i propri sentimenti quando ci si sente offesi o minacciati esprimerlo in modo calmo e non minaccioso, per arrivare ad una comprensione reciproca ed evitare problemi futuri.
In un mercato in cui trattenere i talenti è sempre più difficile, avere manager che costruiscono i rapporti utilizzando la propria Intelligenza emotiva, permette di creare legami più solidi di quelli derivanti dal solo piano di sviluppo professionale ed economico. Lavoriamo in ambienti e con persone sempre più disomogenee in termini di età, di cultura e di genere e se questo da un lato permette di avere una potenza di fuoco creativa e una visione molto ampia dovuta proprio alla commistione di punti di vista molto diversi fra loro, dall’altro lato è richiesta la capacità di ascoltare con attenzione, di interagire con rispetto, di comprendere le necessità diverse dalle proprie. Per la crescita continua del business e per riuscire a chiedere quando serve quello sforzo in più, è richiesta ai vecchi e ai nuovi Manager una buona dose di Intelligenza emotiva.