Tempo di lettura: 12 min
Illustrazione di Alessandro Di Pietro

Alcune importanti ricerche hanno appurato che le radici dell’Assessment Center vanno ricercate in Europa e, segnatamente, nelle esperienze di valutazione, in ambito militare, effettuate a fini di selezione dei potenziali ufficiali, realizzate verso la metà degli anni trenta, prima dall’esercito tedesco e, a ridosso della seconda guerra mondiale, dalle Forze Armate inglesi.

L’origine europea di questa tecnica sembra poi avere una più profonda legittimazione in quanto scorre nel grande alveo della Gestalt, i cui schemi teorici hanno suggerito ad alcuni studiosi e operatori (tra cui Kholer e Lewin) lo studio del “comportamento globale”.
Difficilmente, tuttavia, l’Assessment avrebbe avuto una così ampia diffusione senza l’impegno pragmatico e spesso “semplificatore” degli americani. Ha trovato così espressione anche per le scienze sociali un paradigma consueto per le scienze fisiche e naturali: il forte impulso applicativo conseguente all’incontro di molte acquisizioni scientifiche con l’empirismo culturale della società industriale americana. E’ il caso di ricordare le forti derivate tecnologiche sviluppatesi negli Stati Uniti, nel periodo che unisce e sopravanza le due guerre mondiali, degli sviluppi delle conoscenze nelle discipline chimiche e fisiche registratisi nelle Università europee e in particolare, in quelle tedesche. Ci furono grandi progressi tecnici verificatisi nella chimica organica, nelle applicazioni del microprocessore, nell’industria aerospaziale.

I bisogni delle organizzazioni tipiche di una società industriale avanzata, come quella americana, hanno suggerito, anche nel caso dell’Assessment Center, investimenti rilevanti per ottenere utili avanzamenti applicativi.
Un impulso decisivo allo sviluppo della metodologia di Assessment viene dagli USA, dai finanziamenti che l’AT&T concede alla Michigan State University e a Douglas Bray, psicologo del lavoro, che all’interno dell’AT&T, da oltre 15 anni, si dedica alla messa a punto e alla sperimentazione di tecniche valutative del potenziale dei quadri aziendali, di ispirazione behaviorista.
Il decollo dell’Assessment avviene dapprima in ambito militare e quindi, fin dagli anni ‘60, con applicazioni sviluppate presso l’Internal Revenue Department, la Federal Aviation Administration e in alcune Università pubbliche americane.

 

L’esperienza italiana: Montedison

L’arrivo in Italia di questa tecnica valutativa avviene secondo un percorso atipico, nel senso che non segue le consuete traiettorie di sviluppo delle innovazioni organizzative gestite da imprese multinazionali o da grandi società di consulenza, ma su invito della Montedison a Douglas Bray che, come promotore di questa metodologia, aveva un chiaro ruolo di leadership negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60 e del quale si iniziava a sentir parlare. Montedison vede nell’Assessment center l’impianto di base per la messa a punto di un metodo di selezione dei futuri dirigenti. Questa esigenza si univa al desiderio del top management di pervenire a un radicale cambiamento della cultura aziendale, sollecitato dall’acuirsi della competizione, che allora vedeva la Montedison tra i protagonisti del mondo chimico internazionale. Presso l’impresa milanese trovava, così, compimento la prima applicazione europea dell’Assessment Center. La prima in una impresa industriale Italiana! Si crea così, al suo interno, un forte nucleo di competenze che per lungo tempo avrà la leadership nello sviluppo di questa metodologia.

Il diffondersi graduale dell’Assessment  Center è accompagnato da semplificazioni, modificazioni e miglioramenti dettati dai caratteri culturali del nostro sistema economico produttivo.
E’ opportuno ricordare che, soprattutto verso la metà degli anni ‘80, anche il sistema industriale italiano registra modificazioni così profonde che si riflettono anche negli assetti organizzativi delle imprese e nella particolare cura e attenzione per la gestione delle Risorse Umane.
Queste modificazioni profonde si accompagnano alla emergente valenza strategica delle conoscenze e delle capacità, che sono espressione della più collaudata cultura aziendale (core competencies).   E’ facile comprendere, quindi, i veri motivi del successo di una metodologia, qual è appunto l’Assessment Center, che elettivamente consente una caratterizzazione delle Risorse Umane a livello quadri, soprattutto in termini di potenzialità di impiego e di sviluppo organizzativo.
Per valutare le capacità manageriali dei quadri in vista di un loro impiego dinamico, il management dell’impresa deve raggiungere una “visione” relativa al prevedibile sviluppo dell’impresa stessa e deve, quindi, identificare le caratteristiche dei futuri dirigenti e le conseguenti modificazioni culturali necessarie per adeguare l’organizzazione ai prevedibili sviluppi. La valutazione del potenziale dei quadri non può che essere riferita a un disegno di evoluzione delle strategie, della cultura e dei ruoli dell’impresa.

Nel 1973 Montedison rappresentava la “chimica italiana” ed era presente sul mercato con molteplici produzioni: fibre, materie plastiche, prodotti chimici per l’agricoltura, l’industria e la farmaceutica. Era l’undicesimo Gruppo chimico esistente e si collocava subito dopo le grandi imprese americane AT&T, Dupont, Union Cardibe, Monsanto e le tedesche Bayer, Hoechst.
All’epoca Montedison era presieduta da Eugenio Cefis, il quale fondava la sua strategia su tre punti essenziali:

  1. Forti investimenti con innovazioni: Montedison era una delle significative imprese “technology intensive”, nel senso che individuava nella capacità di produrre innovazioni tecnologiche il fattore fondamentale di successo. Di conseguenza, secondo questo principio, per Montedison era indispensabile competere nella chimica innovando prodotti e processi.
  2. Operatività a livello internazionale, favorendo il processo di internazionalizzazione di impresa. Montedison aveva già la produzione del polipropilene negli Stati Uniti, ma intendeva espandere sempre di più le innovazioni;
  3. Introduzione di una cultura manageriale diversa, di tipo internazionale, che salvaguardasse le specificità della cultura tipicamente italiana.

Vi erano interpreti autorevoli di questi indirizzi, come il professor Umberto Colombo, che ottenne, qualche anno dopo, il prestigioso premio giapponese che annualmente viene assegnato a coloro che si sono distinti in campo tecnologico.
Montedison puntava, inoltre, a sviluppare uno stile di management coerente con i valori del nostro Paese, per raggiungere un alto livello di competizione con le grandi organizzazioni mondiali. Tutto ciò si realizzava non soltanto commercializzando, ma anche realizzando nuove unità produttive in molti paesi del mondo.
In questa configurazione, Eugenio Cefis decise di creare una funzione nuova che doveva mettere insieme la leva e i processi organizzativi, le strutture e le Risorse Umane. Fu messo a capo di questa nuova funzione Giovanni D’Arminio Monforte e a lui fu affidata la gestione di tutto il personale del Gruppo. Per affermare l’importanza che dovevano avere i processi organizzativi e la gestione e sviluppo delle Risorse Umane, D’Arminio Monforte creò due funzioni: ”Personale e Lavoro”, che si sarebbe occupata di tutti i problemi sindacali, amministrativi, gestionali, e “Organizzazione e Quadri”, che avrebbe sviluppato professionalità in rapporto ai ruoli strategici che l’impresa doveva possedere per acquisire i gradi di internazionalizzazione. La responsabilità venne affidata a Giorgio Petrone. Si trattava di gestire, in un’ottica programmatica e con un disegno definito, una popolazione immensa, costituita da un organico di 9000 Risorse laureate e 1800 dirigenti. Messa a punto questa struttura organizzativa che avrebbe dovuto consentire di gestire i quadri, preziosa risorsa strumento di propulsione dell’organizzazione, Cefis chiese a D’Arminio Monforte un sistema nuovo, con cui poter gestire i quadri e i dirigenti che erano seguiti a livello di Gruppo. In sostanza, uno schema di riferimento per poter conoscere i criteri, le motivazioni con cui ogni anno venivano decise le nomine alla dirigenza. Fino ad allora, infatti, non era stato mai adottato un modello di valutazione istituzionalizzata.

Eugenio Cefis voleva un sistema organico, che permettesse di individuare e valutare il potenziale dei dirigenti e che disponesse di criteri di valutazione delle prestazioni, del potenziale, dei sistemi retributivi e della formazione professionale. Con una variante particolare per i “Ricercatori tecnologici”, considerati una popolazione molto importante, elettiva, da trattare con strumenti particolari e correlati a una componente organizzativa diversa, cioè il contributo all’innovazione.
Questa fu la spinta forte che portò, poco dopo, Montedison ad affrontare l’esperienza dell’Assessment Center.  Ma per raggiungere questo obiettivo fu necessario effettuare una ricerca negli Stati Uniti e nel mondo industriale; vennero visitate 25 grandi imprese americane appartenenti a diversi settori merceologici. Determinante fu il collegamento con un docente che insegnava alla Michigan State University, Paul Elliot, psicologo industriale che, per primo parlò di una metodologia nuova, chiamata “Assessment Center”. Tale metodologia cominciava a essere adottata in alcune imprese private e sperimentata in organizzazioni pubbliche. Dalla collaborazione con manager giapponesi, si riuscì a esplorare il sistema da loro utilizzato per affrontare il problema dello sviluppo delle Risorse Umane a livello quadri. L’analisi fu completata in Europa, presso molte importanti imprese. Al termine della ricerca venne riprodotto un modello che fu presentato all’interno di un progetto specifico. Prese così avvio un programma di sviluppo dei quadri, secondo un sistema organico, sulla base delle esperienze effettuate, europee e giapponesi, per i “Technology manager”.

Cefis non si accontentava di conoscere il modello generale, ma voleva conoscere anche la metodologia presa in considerazione.  Si scoprì che nell’Università del Michigan, l’Assessment Center era già utilizzato per la valutazione del potenziale degli impiegati delle grandi imprese. La persona considerata l’inventore di tale metodo era Douglas Bray, che studiava i sistemi di valutazione del potenziale attraverso l’espressione delle capacità comportamentali dei candidati. Douglas Bray costruì un laboratorio di ricerca per i suoi studi e per alcuni anni si dedicò ad attività di ricerca e sperimentazione, analisi empiriche, analisi di esperienze. L’AT&T decise di utilizzare il nuovo metodo valutativo per la selezione dei capi squadra di primo livello, addetti al montaggio degli apparecchi telefonici. Fu la prima applicazione sperimentale dell’Assessment Center in AT&T.
La difficoltà principale fu rompere una consuetudine, annullare metodi che erano radicati nell’ambito di questa azienda. Per tutti gli anni ’60 Douglas Bray lavorò all’interno di AT&T come uno sconosciuto, pur avendo rapporti con accademici e uomini d’azienda. Nessuno però sapeva che egli si occupasse di studi e tecniche così importanti come la valutazione del potenziale e delle capacità comportamentali. 

Nel 1970, nacque la prima esperienza di Assessment all’interno dell’“Internal Revenue Department” (importante Agenzia del governo federale che valuta i bilanci delle imprese, applica l’imposta sul reddito e sottopone a tassazione), per valutare tutti i dipendenti. La ragione fu determinata da una emergenza: al suo interno si era verificato un caso di corruzione! 

Il Presidente del Congresso americano aveva deciso di cambiare il management e di attivare una procedura per la nomina dei suoi Executives. Si creò l’esigenza di selezionare i capi con una metodologia il più possibile scientifica, sicura e oggettiva. Allora fu chiamato Douglas Bray affinchè applicasse l’Assessment  a tutti i capi funzione. Fu un successo sia perché la tecnica si dimostrò un metodo efficace, sia perché fu di grande interesse e prestigio il fatto che venisse utilizzato da un’agenzia del governo federale. Da allora l’Assessment si estese rapidamente anche ad altre agenzie governative.
Fu in quegli anni che Douglas Bray venne invitato in Italia, da Cefis in Montedison, per presentare la sua esperienza americana. Egli spiegò che dopo anni di studio, aveva identificato circa 25 capacità professionali tra le quali il management poteva scegliere quelle che riteneva più adeguate alle posizioni interessate. Cefis non ebbe più dubbi. Poiché il metodo si basava sulla simulazione osservata da esperti, fu necessario impostare un programma per individuare e rilevare la presenza delle capacità ritenute importanti e adeguate alla cultura della Montedison.

Vennero scelte due popolazioni aziendali: una per l’accesso alla dirigenza, l’altra per la promozione alla posizione di quadro, soprattutto per i giovani con un potenziale di crescita. Per entrambi i gruppi si individuarono due categorie di capacità: 16 per i potenziali dirigenti e 12 per i potenziali quadri. Le capacità furono fatte scegliere da quei capi che avevano la massima responsabilità di gestione dell’impresa e dei propri uomini e dovevano saper trasmettere un efficace e corretto stile di management. Era quindi necessario che anche loro, i capi, possedessero determinate caratteristiche. Furono scelte 10 capacità indicate come prioritarie: la leadership, la flessibilità, la sensibilità ai rapporti interpersonali, il problem solving, la programmazione, il controllo, l’orientamento al risultato, capacità dell’area emotiva, tra le quali l’autocontrollo. Furono preparati e formati i capi, gli osservatori di linea, i dirigenti del Gruppo e questo favorì molto la credibilità del sistema d’impostazione.

La metodologia venne trasferita con la massima cura; le sessioni di Assessment furono impostate con attenzione e con l’utilizzo, secondo le regole della tecnica, di 4 osservatori e di un coordinatore che dovevano seguire 8 partecipanti. Veniva poi redatto, collegialmente, un profilo di potenzialità. In Montedison furono valutati centinaia di potenziali manager. Era prassi consolidata che tutti avessero partecipato a una sessione di Assessment prima di poter aspirare all’avanzamento di carriera. Il profilo valutativo che ne derivava, come risultato, era un elemento di grande importanza, trattandosi di un fattore altamente critico per la nomina a dirigente.  L’intero processo si realizzò dal 1975 al 1979. Nell’ambito di questo processo furono individuati molti futuri top manager. All’inizio ci fu una certa resistenza da parte delle persone che dovevano sottoporsi a valutazione, ma ben presto questa venne superata dalla convinzione che l’Assessment fosse un sistema finalmente adeguato a garantire una maggior oggettività di giudizio, e la maggior parte dei manager coinvolti ne diede testimonianza favorevole.
Emergeva però solo un problema: l’Assessment, così come veniva gestito in quegli anni, nella versione originale, era un metodo alquanto complesso e dispendioso, poiché imponeva di distogliere molti manager dalle loro attività per una settimana intera. Anche per la formazione degli Assessors o valutatori, deputati alla gestione delle sessioni di Assessment, i tempi di apprendimento erano lunghi. Si iniziò dunque a rendere la metodologia più semplice e adattabile a ogni tipo di azienda e questo rese possibile ancora di più la divulgazione della tecnica.

La crisi del mercato, a ridosso degli anni ’80, determinò le prime riduzioni di personale e di ristrutturazione. Purtroppo, la difficoltà del settore chimico e petrolchimico internazionale fece esaurire in Montedison la fase di rinnovamento culturale in fatto di valutazione del potenziale delle Risorse umane.
L’Assessment Center, nel frattempo, veniva apprezzato e utilizzato da molte organizzazioni di settori diversi e la sua divulgazione non si arrestò più.

Eleonora Peris
Eleonora Peris

Consulente Senior nell’ambito HR con approfondita conoscenza della metodologia di Assessment Center per…

Leggi di più »

Soluzioni formative correlate:

Altre Soluzioni »